domenica 14 novembre 2010

Il vecchio Joe - Parte prima

Il vecchio Joe arrivò al bar alle 6 in punto, come ogni giorno. A quell’ora molte persone si riuniscono attorno al tavolo per godere la serenità e la sicurezza della dolce atmosfera familiare, una serenità fatta da piatti caldi adagiati su tavole imbandite con ogni ben di Dio.  Per  Joe é sempre stato diverso. Joe era un solitario, uno di quei personaggi che fa parte dell’arredamento di quello squallido covo per  eremiti chiamato Blue Boot. Una volta il Blue Boot era un locale molto noto a tutti i ragazzi della zona. Qui si faceva musica dal vivo, si recitavano poesia, si improvvisava teatro. Quei giovani andarono via 20 anni prima, in fuga dalla disoccupazione che aveva mangiato quella città.  Di quello straordinario periodo rimasero solo le locandine delle serate e le foto appese dietro al bancone. Il proprietario del Blue Boot si chiamava Paul, ma tutti lo chiamavano Giant Paul a causa della sua statura. Giant Paul unì, con quel locale, la sua passione per l’arte alla sua passione per l’alcool. Diceva che erano gli unici due modi che sono rimasti all’uomo per viaggiare, in quanto ti portavano ad esplorare posti mai esplorati in quanto non terreni, ma appartenenti a un mondo magico che é solo degli artisti e degli ubriaconi. Oggi, dal bancone del Blue Boot, non riesce neanche a immaginare la sua morte, visto che l’alcool senza poesia non era in grando di viaggiare abbastanza lontano. Quando tutti andarono via lui decise di rimanere. Come ogni capitano che si rispetti non abbandonò la sua nave. Tra i pochi avventori rimasti c’era, appunto, il vecchio Joe, un burbero ex hippy che, più che nell’amore, credeva nella solitudine.

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