Ripensare ai 19 anni trascorsi mella mia terra significa fare un tuffo nella memoria, un viaggio nel tempo, neanche così lungo a dire il vero. Ritornare ai tempi della scuola, quel rudere con i muri completamente ricoperti di scritte, le vetrate giganti nelle aule che davano sul cortile, i graffiti nello scantinato del bar, nostro regno, baluardo invalicabile, almeno per 15 minuti al giorno, quelli della ricreazione. Il caffè di zio fausto, i panini wurstel e patate, le ore di educazione fisica passate nel cortile con compagni di classe e di scuola aggiuntivi.
Ricordo la fatidica domanda prima dell’inizio della prima ora, la lotta per convincere i compagni a non entrare, o, in alcuni casi, a convincere i compagni a lasciarti entrare, le entrate alla seconda ora, i cazziatoni di Versace. I filoni, il caffè al bar giulia, le mattinate passate alla villetta di via giulia o a casa nostra a torre alta. Il sabato sera, la pizza doppia al tappo, la peroni da 75 alla stella (ultimo baluardo), i “fammi male” al mazzini, le tavolate al moro, le risse alla santa teresa. Le bottiglie di vodka panna e fragola al supermercato, il fumo all’ufficio, la nebbia di fumo al piper, gli arancini dello Yankee prima di salire all’irish. Le bottiglie di prosecco allo speed, le bottiglie di martini nella Golf, le cene a mendicino e dal cugino, le passegiate in via alimena. Il discutere amabilmente con lord inglesi vestiti col giubino ‘i l’essenza, riguardo presunti sgambetti, occhiate di traverso a loro, alle loro donne o alla loro pizzette.

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